Sui social si sta commentando l’avvenuto
completamento del posizionamento dei “dissuasori di sosta” FONTE .
Ritengo che l’Amministrazione comunale terrà in considerazione anche le opinioni espresse sui social e che darà le opportune spiegazioni. Nel frattempo penso sia utile condividere quanto previsto dalla Legge e dai Regolamenti in merito ai “Dissuasori di sosta”.
A tal fine ci viene in aiuto la direttiva del Ministero dei Trasporti sull’applicazione della segnaletica stradale
FONTE che, al punto 8.1, scrive che l’impiego dei dissuasori di sosta è regolato dall’art. 180 del Regolamento di Esecuzione e di Attuazione del Nuovo Codice della Strada. E spiega che qualora i dissuasori vengano installati fuori da zone riservate esclusivamente al transito pedonale, essi svolgono le seguenti funzioni: - impedimento materiale alla sosta abusiva; - delimitazione di zone pedonali, aree di parcheggio riservate, zone verdi, aiuole, e spazi riservati per altri usi; - reale impedimento al transito dei veicoli, sia come altezza sul piano viabile, sia come spaziamento tra un elemento e l’altro.
Il Regolamento prevede che i dissuasori: - debbano essere resi ben visibili, al fine di evitare eventuali urti accidentali in condizioni notturne o di scarsa visibilità (ad esempio con l’inserzione di elementi rifrangenti di colore giallo); - non debbano presentare bordi a spigoli vivi, perché potrebbero risultare pericolosi per bambini o pedoni disattenti; - non debbano essere impiegati in configurazione singola, a meno di integrare la loro collocazione con ulteriori elementi, in modo da realizzare una continuità che consenta una chiara individuazione della loro presenza.
Se i dissuasori vengono installati su piattaforma stradale (il nostro caso) il Regolamento dispone che vi sia la
presenza di idonea segnaletica orizzontale di margine, realizzata anche con elementi lapidei dove ciò è consentito (art.152 c.4).
La ciclabile giova a tanti perché le comunità non sono fatte solo di anziani, di sedentari e pensionati bisognosi di bus.
Il problema vero è innanzitutto culturale.
L’idea di avere più ciclabili, ossia di avere altre possibilità oltre i mezzi tradizionali per spostarsi nel medio e lungo tragitto, arriva tardi in Italia, ma come dice il proverbio meglio tardi che mai.
In altri paesi notoriamente più attenti all’ambiente, alle esigenze delle persone, e meglio disposti a fornire stimoli salutari alle nuove generazioni, ossia dove l’uso della bicicletta è diffusissimo, nessuno si porrebbe questo problema.
Vedi l’Olanda, dove pure esistono i pensionati e dove le ciclabili solcano città e campagne per oltre 20.000 chilometri.
Vedi il noto “Percorso delle città” (sigla LF2) che si snoda per circa 350 km tra le capitali di Olanda e Belgio passando per Rotterdam e Anversa.
Un percorso pianeggiante (quota massima 130 metri), attrezzato e praticamente tutto su ciclabile, con un itinerario alla portata di tutti, neofiti e famiglie con bambini.”
Nella patria dei tulipani, peraltro, esistono altre importanti piste ciclabile di media lunghezza, come quella di 24,5 chilometri che collega l’Aia con Rotterdam o come quella che unisce a Haarlem con e Leiden (40 km.).
Quanto all’utilizzo più o meno frequente di tali collegamenti, va detto che un percorso ciclabile ha senso e crea abitudine all’uso non tanto quando si compone di tratti intermedi isolati (es. il collegamento tra due località vicine), tratti che per la loro finalità restano di fatto utilizzati e al servizio di chi abita o frequenta quei luoghi, ma quando è in grado di snodarsi e unire senza soluzione di continuità più siti ad alta densità abitativa. E la ciclabile in discussione, il cui costo è bene ricordare resta una tantum, dovrebbe consentire di muoversi in doppio senso, da Piacenza verso Ponte e viceversa e senza particolari intoppi.
C’è da dire infine che non basta il possesso di una bicicletta per convincere una persona a diventare un assiduo ciclista, come non basta l’acquisto di un treno ad alta velocità se mancano e non si realizzano le linee idonee per farlo transitare.
Per capirci è del tutto logico pensare che una persona non si appassioni allo sci solamente perché sa che due tavolette ben modellate e piazzate sotto i piedi lo faranno scorrere velocemente sulla neve, né possiamo credere che inizierà ad usare gli sci con assiduità per il solo fatto di possederli. Serve ben altro. Si comincia sciare e ci si appassiona soprattutto perché si trovano piste con la neve pressata e adattate a qualunque fascia di difficoltà e perché sono disponibili ottimi impianti di risalita in un ambiente che offre una serie di servizi aggiuntivi (punti di ristoro e ecc.) che rendono attrattiva e piacevole l’attività sciistica.
E il favorire più opzioni e più opportunità per spostarsi, come nel caso delle nuove ciclabili, non sfugge a queste elementari premesse sia dal punto di vista logistico che culturale.
La rivoluzione già in atto si chiama E-Bike, cioè bici a pedalata assistita da un motore elettrico, che si stà già rivelando un veicolo alternativo ai ciclomotori. I dati di crescita del mercato sono tutti a 2 cifre e la Bosh (uno dei principali produttori di motori elettrici dedicati) prevede che nel breve periodo (5/8 anni) una bici su due vendute sarà elettrica. Se le molte case motociclistiche hanno già un segmento E-Bike ed Huber ha acquistato la innovativa Jump-Bike (ditta che produce bici e veicoli elettrici dedicati al bici shering) quacosa vorrà dire... per non parlare dei soliti investimenti milionari dei cinesi in questo settore...
I 23 Km da Ponte a Piacenza con una E.Bike possono essere coperti molto agevolmente ed è logico che non saranno solo gli anziani a percorrerli, penso ad esempio a quanti studenti potrebbero utilizzare questo mezzo di trasporto, limitando il bus ai soli giorni di nebbia o pioggia e magari su questi bus con meno utenti troverebbero posto a sedere proprio gli anziani...
Inoltre per rimanere in tema di anziani, io nell’ultimo anno ho notato un notevole incremento di pensionati che frequentano non solo le strade secondarie, ma anche le aree montane, notoriamente più difficoltose da percorrere in bici.
Un altro discorso merita lo sviluppo della mountain bike a pedalata assistita nelle aree montane, soprattutto in quelle dove "non nevica firmato" come le nostre...
Qualsiasi operatore turistico avveduto sa che questa forma di escursionismo in bici rappresenterà "lo sci" del futuro, soprattutto per quelle aree montane situate a quote inferiori ai 1500 m slm sull’appennino ed ai 1200 m slm sulle alpi, dove nessuno azzarda più la realizzazione di alcun tipo di infrastruttura legata alla neve, visti i cambiamenti climatici in atto.
Chi fosse interessato all’argomento lo invito a percorrere, nella prossima primavera, il rinnovato sentiero Passo Zovallo-Fontana Gelata – Lago Nero- Costazza- Passo Roncalla, per vedere quante montan bike e soprattutto quante E-Bike incontrerà e farsi un idea delle potenzialità di una rete sentieristica adeguata e rapportare il dato ad una rete di piste ciclabili, non solo a fini turistici, ma a servizio del pendolarismo verso le aree urbane.
Per quanto riguarda poi la necessità di un posteggio alla Galleana, non capisco tale necessità poichè se arrivo a Piacenza in bici, col cavolo che poi mi infilo su di un fumante autobus navetta se posso raggiungere Piazza Cavalli comodamente in bici senza problemi di parcheggio, di euro 4, di ausiliari del traffico ecc.
La domanda dell’amico Giampiero è piu che legittima:"cui prodest" ma dal mio punto di vista è:" a chi giova" .... non fare le ciclabili ...
molto apprezzabile la tua colta e dotta dissertazione riguardo usanze a modus vivendi di popolazioni nord e mitteleuropee. Da sempre oggetto di ammirazione da parte di noi mediterranei. Personalmente ho dovuto aggirarmi proprio in tempi recenti in talune di quelle zone e ahimé ho avuto modo di constatare ancora una volta che "non sempre, e non tutto, ciò che luccica sia oro"! Ciò detto, lungi dal voler polemizzare con te, che giusto inizi il tuo commento ricordando come ciascuno possa avere punti di vista personali, non coincidenti con quelli altrui, vorrei aggiungere che si tratta poi sempre di Paesi e popolazioni con culture, storie, abitudini e quindi organizzazioni urbanisticamente molto diverse da noi, i cui modelli difficilmente possono essere riprodotti nella nostra Italia (o Italietta che deve sempre imparare dagli altri, come alcuni la vorrebbero). A tal proposito mi viene da ricordare che pressoché quotidianamente percorro a piedi (visto che con la mia auto non posso circolare a Piacenza) tratti di strade cittadine ove sono state realizzate, da anni ormai, piste pedo ciclabili degne di città come Bonn o Lipsia (tanto per citarne due all’avanguardia nel settore e che conosco abbastanza bene) quali ad esempio Viale Martiri della Resistenza o il tratto da Piazzale Marconi (Stazione FS) fino a Piazzale Milano; ebbene ti posso assicurare che se su queste piste scorrono giornalmente più di venti biciclette è già un grosso evento (anche se con condizioni meteo favorevoli). Volendo possiamo metterci là un giorno ad osservare e contare. Per non parlare poi della fine che ha fatto il tragitto, solo pedociclabile, realizzato a suo tempo tra il Piazzale Viale Patrioti/Via 4 Novembre e l’area della Stazione FS sul vecchio percorso ferroviario per l’Arsenale. Ad evitare il sospetto di preconcetti sull’uso del mezzo: concedimi anche di ricordare, non certo a te con cui ci conosciamo da sempre, che negli anni immediatamente dopo il mio trasferimento da Ponte a Fiorenzuola (dopo le scuole elementari) e poi successivamente a Piacenza venivo regolarmente a Ponte in bicicletta e a quei tempi avevo perfino nei sogni il ciclismo sportivo; poi anni dopo, abitando in città in via XX Settembre, non ero di certo di quelli con l’auto in garage sottocasa ed ho sempre circolato in bici. Ma ero giovanotto! E (credo come per la maggior parte dei giovani) dei problemi dell’anzianità non mi preoccupavo di certo, forse per il semplice fatto che non li conoscevo e, con buona dose di pragmatismo, ero convinto che la vita fosse tutta "in piano" (anche se avevo quattro piani di scale da fare per arrivare in casa). Oggigiorno il pragmatismo rimane, per cui sono convinto che le categorie dei più disagiati debbano essere considerate in primo luogo. Piaccia o non piaccia ai più giovani. Tu dici all’inizio che le comunità non sono costituite soltanto di persone disagiate, è vero, certo, però ci sono anche loro. Forse avrai notato che ho parlato di uso della ciclabile per "motivi di necessità". Ebbene l’ho fatto non a caso, perchè quello è il nocciolo vero della questione: lo svago e il diletto sono una cosa, la "necessità" è un’altra cosa. E mentre un giovane ha tanti modi per risolvere la "necessità", quasi sempre le persone disagiate (anziani, persone sole, disabili, disagiate economicamente, che abitano forzatamente in luoghi difficili) hanno come unico mezzo per risolvere la "necessità" quello dell’aiuto pubblico. Ecco che allora, forse vittima del mio pragmatismo, ritengo prioritario aiutare chi ha bisogno di aiuto per risolvere le "necessità", rispetto al soddisfare chi le "necessità" ha altri modi per risolverle, più o meno facilmente, da sè. Così come vedo abbastanza inattuabile che una persona di una settantina o ottanta anni, pur con tutta la buona volontà di non voler essere sedentaria, si sobbarchi un viaggio di andata e ritorno (quindi almeno 50 km, alla Galleana) a Piacenza da Ponte, con tempi che si potrebbero definire bibblici oggi che tutto spinge alla celerità.
Ti ringrazio comunque, caro Gianni, perchè anche tu, come ho sempre fatto io (e anche questo qualcuno me lo ha voluto contestare) partecipi civilmente alla discussione senza nasconderti dietro un anonimo nickname, e ti saluto caramente.
Gianpiero Nani
L’osservazione riguarda il meraviglioso sogno, che gli studenti pendolari usino la bicicletta per raggiungere la propria scuola in città, anche se poi ci sono quelle di un altro polo scolastico ben fuori Piacenza e senza toccare la questione tempistica che comunque esisterebbe. Dicevo dunque: un sogno. Peccato che nella realtà il gestore del trasporto con autobus non sia né una ONLUS e nemmeno una Opera Pia, per cui è facilmente prevedibile che di fronte ad un drastico calo delle presenze a bordo dei mezzi, risponda immediatamente con una altrettanto drastica riduzione del Servizio. Non credo proprio che sarebbe disponibile ad un adattamento del numero di mezzi in funzone, giorno per giorno, ora per ora, in ragione della realtà meteo. Sempre ammettendo si fosse in grado di fare previsioni talmente precise, e poi che tengano in considerazione l’intero tragitto. Non è infrequente il caso in cui a Ponte splendea il sole e oltre Podenzano piova (e viceversa ovviamente), oppure che di prima mattina ci sia un sereno da toccare il cielo con un dito e prima del pomeriggio stia diluviando. E allora nel caso il gestore del trasporto riduca il sevizio: chi ne pagherebbe maggiormente le conseguenze? Guarda caso proprio coloro che non possono fruire della bicicletta, nemmeno quella elettrica. Abbiamo già sperimentato cosa significhi la riduzione di servizi pubblici causa insufficiente redditività per il gestore (Vedasi ad esempio gli uffici postali nei piccoli centri. Chiedendo magari agli anziani e a chi ha altri disagi sociali di Biana, di Carmiano, di Villo’ e via dicendo). Da ultimo, volendo guardare al futuro, come è anche giusto fare, non mi sembra che la popolazione stia ringiovanendo, anzi la tendenza è esattamente al contrario! E qui mi fermo, lasciando ad altri di tirare le conclusioni.