Ponte dell'Olio

06/02/14
Mauro

Banca d'Italia

Dal sito del Sole 24 Ore  FONTE :

"5 FEBBRAIO 2014 - 9:00 - Banca d'Italia, perché la rivalutazione delle quote è una truffa legalizzata
Scrivono gli economisti Alberto Bisin, Michele Boldrin e Andrea Moro su noisefromamerika.org: "Il provvedimento fatto approvare con urgenza alla Camera è una porcata. Fondamentalmente esso contiene una (legale) truffa contabile a favore dei bilanci di alcune banche del paese e dell'erario, oltre che un sostanziale trasferimento di risorse dai contribuenti alle banche.

Bisin insegna alla New York university. Boldrin è presidente di Fare per Fermare il declino ed insegna alla Washington University di St. Louis, nel Missouri. Moro è professore associato della Vanderbilt university del Tennessee.

Consiglio la lettura dell'articolo  FONTE  che chiarisce spero una volta per tutte cosa è il decreto IMU-Bankitalia.
  
05/02/14
Brio

Politometro

Infatti la riforma Fornero e' stata uno sprint, per Monti, sulle cose essenziali in materia di "lavoro":crollo delle pensioni erogate,cancellazione dei diritti aquisiti(vedi scuola) senza parlare degli esodati...........piu' sprint di cosi si muore
  
05/02/14
Camillo

Politometro

Ansa...."Per dare un senso di sprint sulle cose essenziali - osserva Monti - è necessario che in un programma di governo, che arrivasse però in tempi di cronaca e non di storia, ci fossero una riforma seria del mercato del lavoro e i tre capitoli di miglioramento della legge anti-corruzione". :-o:-o:-o

Non ci credo....ma la riforma Fornero sotto quale governo è stata approvata????
  
05/02/14
Mauro

Politometro

Come mai la maggioranza ha respinto la proposta dei 5stelle di inserire il politometro come strumento di verifica dell'arricchimento dei politici dal momento in cui vengono eletti, o sono stati eletti, ad oggi e verificare se i loro beni sono congrui con i redditi dichiarati? Solo 44 hanno votato a favore al Senato.
Mistero...... o mica tanto!
  
05/02/14
Giovanni

Banca d'Italia

IL DUBBIO

Così fan tutti
Saranno state le ineludibili necessità economiche e una convenienza di sistema a convincere i Governi Europei (di qualunque colore) che l’aiuto alle Banche sistemiche avrebbe comportato, alla resa dei conti, il minore danno possibile? Mha…..!

Tra il 2008 e il settembre del 2012, per evitare i crack bancari, i Governi dei maggiori Paesi europei hanno riversato nei rispettivi sistemi finanziari un fiume di danaro. Aiuti fatti con soldi pubblici.

L’Inghilterra ha messo a disposizione delle proprie banche 873 miliardi di euro e ne ha usato 300.
La rigorosa Germania ha stanziato 646 miliardi di euro e ne ha usati ben 259 pari al 10,1% del Pil.
Ad esempio, la nazionalizzazione di Commerzbank ( per evitare il fallimento) è costata alla Merkel più di 14 miliardi di euro. SOLDI VERI, per intenderci, NON MOVIMENTI PURAMENTE CONTABILI COME L’ULTIMA RIVALUTAZIONE DI BANKITALIA –

Se dobbiamo guardare cosa ha fatto l’Italia per “aiutare” le Banche in difficoltà, scopriamo che il nostro Paese è stato tra quelli più virtuosi.

L’Italia ha usato 15 miliardi di euro ( l'1% del suo Pil) la Francia ne ha usati 116 (dieci volte tanto), la Spagna 104, la Danimarca 158, il Belgio 72, l’Olanda 95, l’Austria 27 ecc..

Se escludiamo Montecitorio, non mi risulta che truppe di pasdaran abbiano assaltato il banco di quei Governi, né che in tutta Europa qualcuno abbia gridato al colpo di Stato ordito dalle banche.
Forse c’erano delle ragioni serie, e forse, visto il traballante e ondivago contesto internazionale, i discussi provvedimenti sono serviti ad evitare guai maggiori.


Va ricordato che tali aiuti non sono soldi regalati - L’intervento italiano, ad esempio, comprende i famosi Tremonti bond (obbligazioni bancarie perpetue) che hanno fruttato e stanno tuttora fruttando allo Stato rendimenti stratosferici. (interessi che variano dal 8.5 all'11%)

Complessivamente l'Europa ha messo a disposizione delle banche qualche cosa come 5 mila miliardi e 86 milioni di euro, pari a oltre il 40% del Pil continentale, e ne ha effettivamente spesi 1000 miliardi e 612 milioni pari al 12,8% del prodotto interno lordo.”

Alla luce di questi dati, pur coltivando sempre i miei dubbi da persona inesperta, ho qualche difficoltà a credere che l’Europa possa sanzionarci per aver operato la rivalutazione contabile di un valore patrimoniale che fino a ieri risultava iscritto a bilancio con i valori del 1936.

Quanto alle scelte di buon senso e al modo di risolvere i problemi con strumenti idonei e condivisibili, non possiamo che rimetterci nel campo delle opinioni.

  
05/02/14
Mauro

Banca d'Italia

La pubblicazione del curriculum era volutamente provocatoria in quanto dimostra che se di tecnica di deve parlare, siano i tecnici ad esprimersi. L'intervento della De Micheli è prettamente politico in quanto finalizzato a dimostrare che le scelte operate sono state le migliori.
Il succo della vicenda è che alcuni "partecipanti" si trovano fortemente rivalutate le loro quote senza colpo ferire. Di conseguenza aumenta il capitale in loro possesso. Sono fermamente convinto che tutta l'operazione sia stata fatta solo per permettere alle banche di superare il test che la BCE farà nei loro confronti, quindi si prefigura un aiuto di stato a privati, cosa per la quale con ogni probabilità l'Europa ci sanzionerà. Il tutto mascherato dalla necessità di reperire fondi per evitare l'IMU agli italiani. Ma a parte il fatto che se lasciavano l'IMU forse sarebbe stato il male peggiore, ritengo che la cifra necessaria poteva essere reperita in tanti altri modi, ad esempio non condonando tutti quei soldi che sono stati condonati ai gestori delle slot machine, oppure aumentando la tassazione sul gioco d'azzardo oppure non comprando gli F35 (che tra l'altro il Pentagono li definisce inaffidabili), oppure togliendo il finanziamento pubblico alla stampa, oppure togliendo i rimborsdi elettorali ai partiti, e tante altre cose. c'è solo l'imbarazzo della scelta. Da queste considerazioni nasce la mia avversione verso questa manovra e spero vivamente che si riesca a farla abrogare.
  
05/02/14
Marino

Banca d'Italia

Ho definito correttamente il contributo di Paola De Micheli che ho segnalato ieri ? :-o

All'inizio della sua trattazione De Micheli scrive "La Banca d'Italia non è mai stata pubblica, ma proprietà degli istituti bancari e assicurativi".

Riporto dallo Statuto della Banca d'Italia:
ART.1 La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.
ART.3 Il capitale della Banca d’Italia è di 7.500.000.000 euro ed è rappresentato da quote nominative di partecipazione il cui valore nominale è indicato dalla legge.
ART.6 Le assemblee dei partecipanti...


Nello statuto si parla solo di "partecipanti". In nessun punto dello statuto si parla di soci, azionisiti o altro che possa ricondurre al concetto di proprietà privata se non limitatatamente a: ART.3 I diritti patrimoniali dei partecipanti sono limitati al valore del capitale e all'utile di gestione fino alla misura massima del 6 per cento del capitale.
Sto interpretando correttamente? Se si penso di aver sbagliato presentando detto intervento come "intervento tecnico" :mm, probabilmente si tratta solo di un'opinione, di propaganda di parte, o non so come altro definirlo correttamente.
  
05/02/14
Marino

Piano strutturale comunale

Urbanistica: Immediato completamento PSC (piano strutturale comunale).
Questo era l'impegno elettorale scritto nel programma della lista Spinola.
A distanza di 5 anni, dopo aver speso per questo progetto oltre 200.000 euro in consulenze (duecentomila), leggiamo sulla delibera di Giunta n.1 del 15/01/2014 che "...la rielaborazione del PSC... entro la fine del 2014 rappresenta un traguardo non realisticamente raggiungibile...".
Quale sarà la posizione della nuova Amministrazione su questo tema?
  
04/02/14
Mauro

Banca d'Italia

E' pur sempre di parte, questo il suo curriculum estratto da Wikipedia.
"Attualmente è deputato della XVII Legislatura ed è vice capogruppo Vicario del PD alla Camera dei deputati. Vive e lavora a Piacenza quale manager nel settore agroalimentare per il "Consorzio Cooperativo Conserve Italia" ed è impegnata in politica già dalla metà degli anni novanta, quando il centrosinistra italiano affrontò l'esperienza dell'Ulivo. Dal 2007 è membro della Direzione PD di Piacenza e dal 2009 è membro dell'Assemblea Nazionale del Partito Democratico (Assemblea eletta con le primarie che hanno visto la vittoria di Pier Luigi Bersani su Dario Franceschini e Ignazio Marino). È stata deputato della Repubblica nella XVI Legislatura, Membro della Commissione “Bilancio” e componente della Commissione bicamerale “per la semplificazione”. Dopo aver affrontato le primarie per i parlamentari del PD tenutesi il 30 gennaio 2012, è risultata rieletta alla Camera dei Deputati nelle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013.
È stata presidente dell'Agridoro soc. coop. a r.l dall'ottobre 1998 fino all'ottobre 2003, poco prima che per lo stato di insolvenza in cui si trovava la cooperativa, ne venisse decretata la liquidazione coatta amministrativa. L'esperienza politica maturata la porta, con l'inizio della segreteria di Pier Luigi Bersani a far parte del dipartimento di Economia del Partito Democratico, coordinato da Stefano Fassina, ricoprendo nello specifico il ruolo di responsabile nazionale delle Piccole e Medie Imprese. Da giugno 2007 a marzo 2010 è stata Assessore alle Risorse umane ed economico-finanziarie del Comune di Piacenza. Da giugno 1999 a maggio 2004 è stata Consigliere del Comune di Pontenure."
  
04/02/14
Marino

Banca d'Italia

Paola De Micheli  FONTE  tratta oggi l'argomento Banca d'Italia su Libertà.
Riporto la parte "tecnica" del suo intervento quale contributo a comprendere meglio l'argomento di cui stiamo discutendo.

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La Banca d'Italia non è mai stata pubblica, ma proprietà degli istituti bancari e assicurativi. Storicamente, la Banca nasce da un processo di federazione delle Banche pre-unitarie, con un modello analogo a quello della Federal Reserve americana. La legge del 1936, pur fatta durante il fascismo, ha scelto di non assoggettare la Banca d'Italia al Governo, ma di lasciarla lontana dalle ingerenze della politica. La riforma approvata dal Parlamento mantiene quella scelta.
Con le privatizzazioni degli anni '90 e il successivo processo di concentrazione bancaria si è realizzato un processo di concentrazione anche delle azioni di Banca d'Italia, in possesso oggi di una serie di istituti di credito nazionali.
La Banca d'Italia resta un istituto di diritto pubblico e i soci proprietari delle azioni non hanno alcun potere sulla governance dell'istituto e sulla gestione delle attività istituzionali della Banca. Tuttavia l'assetto proprietario in vigore fino a prima della riforma poteva lasciare spazio eccessivo ai grandi gruppi bancari e alla possibilità di esercitare qualche influenza sulle decisioni della Banca centrale, che deve invece restare indipendente.
Per questo motivo, con il riassetto nessuno potrà possedere più del 3 per cento delle azioni di Banca d'Italia. Gli azionisti che oggi ne possiedono di più dovranno vendere. Potranno comprare, oltre a banche e assicurazioni, anche le Fondazioni ex bancarie e i fondi pensione, con la limitazione che deve trattarsi di società aventi sede legale in Italia. Per la Banca d'Italia si è scelto il modello "proprietà diffusa", invece di chiedere allo Stato di acquistare le sue azioni, una soluzione che avrebbe richiesto una copertura finanziaria di svariati miliardi, da togliere ad altre voci di spesa pubblica o da ottenere con un aumento delle tasse. Con l'azionariato diffuso si è abbracciata una filosofia diversa, per avere una Banca d'Italia in posizione di servizio istituzionale rispetto allo Stato piuttosto che in posizione di subordinazione nei confronti del Governo.
L'altro aspetto cruciale della riforma riguarda la rivalutazione del capitale della Banca d'Italia, che fino a ieri ammontava a "soli" 156 mila euro, la cifra stabilita nel 1936 e mai aggiornata. Si è deciso di procedere a una rivalutazione del capitale originario, separando il calcolo dei dividendi dalle riserve - poiché in queste ultime sono compresi anche i frutti delle attività pubbliche e istituzionali di Banca d'Italia. Finora era mancato un criterio omogeneo per questa rivalutazione: il merito della riforma è di stabilire un criterio oggettivo e uniforme per effettuarla.
Il valore del capitale viene portato a 7,5 miliardi con la nuova regola che agli azionisti verrà riconosciuto un rendimento non superiore al 6 per cento del capitale investito (non più, quindi, delle riserve). Quindi, il massimo dei dividendi attribuibili in futuro è di 450 milioni, una cifra inferiore al massimo oggi raggiungibile. Anche se, in tutti e due i casi, si tratta di valori puramente teorici, perché lo Statuto continua a conferire alla Banca, come in passato, piena discrezionalità nella decisione sugli utili da distribuire. Dato che la Banca d'Italia è un investimento assolutamente privo di rischio, è altamente probabile che il tasso di rendimento accettabile dal mercato sia molto inferiore al 6 per cento.
Un'operazione che porta a oggettivi benefici per lo Stato, perchè finora le azioni di Banca d'Italia non potevano far parte del capitale di vigilanza dei soggetti che le possedevano: grazie alla riforma, potranno essere inserite nel capitale di vigilanza. I 7,5 miliardi derivanti dalla rivalutazione rafforzeranno il patrimonio del sistema bancario senza spendere neanche un euro del bilancio pubblico. I proprietari delle azioni rivalutate le venderanno sul mercato per scendere al 3 per cento: i soldi che andranno alle banche verranno dal mercato, non dallo Stato. Basti pensare che in Germania, invece, lo Stato ha dovuto sborsare ben 64 miliardi di euro di spesa pubblica per ricapitalizzare le banche tedesche.
La Banca centrale europea ha dato il via libera all'operazione con un parere molto chiaro nel prescrivere che le riserve andranno ricostituite con adeguati accantonamenti negli anni futuri e che la Banca d'Italia deve mantenere una piena autonomia di finanziamento. E' opportuno precisare infine che l'operazione non investe le riserve in oro (100 miliardi), né quelle speciali (circa 8 miliardi) ma solo quelle ordinarie e straordinarie (circa 15 miliardi). In effetti, l'ammontare complessivo delle riserve della Banca d'Italia è il terzo al mondo, dopo Stati Uniti e Germania e il secondo in Europa. Tali riserve non potrebbero essere usate per altri scopi, ad esempio per finanziare investimenti pubblici o altre forme di spesa pubblica, non si tratta infatti di un "tesoretto" a cui liberamente attingere, ma di un attivo che garantisce l'intero paese all'interno dell'Unione Economica e Monetaria.
Le riserve non vengono spese neppure con l'operazione effettuata dal decreto, perché esse cambiano semplicemente collocazione all'interno dello stato patrimoniale della Banca d'Italia, spostando 7,5 miliardi da riserve a capitale sociale.

A questo link  FONTE  lo Statuto della Banca d'Italia